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giovedì 14 luglio 2011

La recensione di Silvia Maccarini su Pub.librazioni.org

Non solo parole ma immagini disegnate tra le pagine per raccontare e ricordare. I disegni racchiudono in sé sia un unico esplicito significato, sia mille perché. Emozionante è l’immagine di una fabbrica dentro una palla di vetro il cui fuoco ardente delle ciminiere può placarsi solo capovolgendola e facendo cadere dei fiocchi di neve ormai anneriti dai fumi, montata su di una base nera con apposto il nome della città, Sesto. Essa è seppur artistica, un pessimo souvenir giacché mai alcun operaio avrebbe voluto riceverla come ricordo. Ma cosa si evince dal titolo? E’ forse il tramonto di uno stile musicale oppure il nome di un cantante? Niente di tutto ciò.
Falck era un villaggio lombardo dove milioni di operai, popolo di tute blu inghiottito dai cancelli dell’Unione,
in pellegrinaggio, camminando, pedalando o guidando, si dirigevano ogni mattina verso il gigantesco stabilimento siderurgico della Falck di Sesto San Giovanni. Protetto nella sua “gabbia d’acciaio”, alle porte di Milano, era diventato, nel boom economico degli anni ’60, luogo di lavoratori e di enorme produzione siderurgica.In questo villaggio due colleghi, il dormiglione wall writer Osvaldo e il “ciclopico” latin lover Carmelo, vivevano in un piccolo appartamento. Entrambi ambiziosi, subivano silenziosamente le maliziose dicerie dei paesani che non approvavano la convivenza di due uomini soli. Poi c’è Gino, sfortunato per aver perso un piede lavorando in fabbrica che viene “premiato” dall’azienda con se restare menomato fosse un atto meritevole. Ciò che un tempo era “garanzia” di civiltà industriale e progresso economico, oggi rimane teatro di edifici industriali dismessi, smantellati e “portati al tramonto”. Tuttavia, cinquant’anni sono passati trascinando con sé le vite alterate di intere famiglie. E se un tempo il rumore delle macchine era per lui la musica del progresso, diventa ora musica forse malinconica suonata a cielo aperto. I ruderi si animano di una musica silenziosa e del colore delle opere degli artisti di strada che cercano di rievocare il passato industriale trasformando la zona Falck in un luogo di espressione di idee politiche, sociali e culturali. Essi danno sfogo alla loro immaginazione tramite l’arte dei graffiti che fungono da intreccio di storie ed eventi tra Milano, Sesto e Bergamo.Il villaggio Falck era stato, nel secolo scorso, zona fortemente industrializzata, centro di imprese assai floride. E le popolazioni che sono rimaste sul luogo furono le uniche ad affrontare la disoccupazione e il degrado delle rovine degli edifici. Lo scenario oggi è simile a un cimitero poiché nascono fiori, tra le macerie, e la musica dei graffiti colorati prende il posto delle fotografie. Ciononostante la natura inghiottirà con il tempo i luoghi deturpati. Così come scrive Musati:
Il tempo avrebbe separato ciò che è bello da ciò che non lo è (…) Il futuro non è più quello di una volta,
afferma la scritta sui muri e il titolo di uno degli ultimi capitoli.
Fabio Musati nato a Milano nel 1957, è autore di testi di teatro e di narrazione. Vincitore del premio “Emozioni d’inchiostro” per il romanzo breve L’angelo nero. Il suo blog: http://fabiomusati.blogspot.com/
Silvia Maccarini
http://pub.librazioni.org/una-musica-in-fumo/

1 commento:

  1. hii.. Nice Post

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